E’ da un po’ che si sente molto parlare dell’organo sessuale femminile. Anche al di fuori delle chiacchiere maschili, intendo.
Nel 1996 Eve Ensler ha scritto “I monologhi della vagina“, opera teatrale che ha viaggiato in tutto il mondo celebrando l’emancipazione delle donne attraverso la sessualità.
Poi sono arrivate le Pussy Riot – gruppo musicale femminista il cui nome può essere reso in italiano con “rivolta della vagina” – a cantare la contestazione dell’estabilshment politico e culturale russo (ma, in generale, a decostruire il meccanismo oppressivo di politica, religione e mainstream culturale).
Nel 2008 è nato Femen, collettivo ucraino schierato contro il turismo sessuale le cui attiviste si tolgono i vestiti sia per provocare l’attenzione degli uomini sia per sottolineare che la loro arma è quella dei loro corpi.
Ad agosto del 202 è uscito il nuovo libro della saggista femminista Naomi Wolf, “Vagina, A New Biography” (a settembre in Italia). La vagina, sostiene Wolf, è molto di più che un organo sessuale: è il mezzo attraverso il quale le donne possono conquistare non solo il godimento ma anche la sicurezza in se stesse e realizzare la propria creatività. Esiste un collegamento diretto fra vagina e cervello femminile.
La sfida, ancora una volta, è quella di non essere viste, noi donne, come eterodirette dal nostro organo sessuale.
Piuttosto, è giunto il momento di dire con forza che fra mente e corpo c’è un colloquio costante. E che noi lo abbiamo capito, e ne siamo orgogliose.
barbara
Io sono un ingenuo, e interpretavo pussy riot come rivolta del gattino, dell’animaletto da compagnia, indifeso, mite, ma che a un certo punto si ribella. Un po’ come quel nostro comico che scrisse “anche le formiche qualche volta si incazz.” Mi sembra più di buon gusto e più appropriato ad una contestazione politica. Quando le ragazze saranno libere, chiederemo loro l’interpretazione giusta.
Eppoi … le femministe postmoderne dovrebbero bandire vagina: sostituirla con uno dei mille sinonimi nel linguaggio corrente, e chiedere la modifica del termine nei nomina anatomica scientifici.
Eh sì, perché vagina, latino, significa guaìna, fodero, contenitore , e – si sa – un contenitore, per quanto pregevole, è funzionale al contenuto, sia pure occasionale.
Proponiamo la modifica linguistica nei primi 100 giorni di Bersani?
GdC
I gatti non sono animali da compagnia, tutt’altro.
E la vagina non è un animale da compagnia, anche se come questo è anche fonte di piacere.
Spiace constatare che non si riesce a parlarne al di fuori di vecchi stereotipi.
Siete di sinistra, ma terribilmente vecchi.
Direi che potevi anche aspettarti che il tono un po’ troppo didattico e serioso che adotti per evocare a sorpresa quest’organo avrebbe suscitato qualche innocua battuta ironica. Se stai al gioco ne guadagni, ho l’impressione.
Che sia una sorpresa parlare delle donne mi risulta strano. Che se ne facciano battute, molto meno. Sempre più facile che parlare seriamente.
Dovresti esser più chiaro prudentissimo Max. All’orgoglio vaginale così ben decantato non resta che genuflettersi. Ma i “diritti” della minoranza fallica dove li mettiamo?
Spiégati meglio, per favore.
Com’è che ogni volta che si parla diritti – di più, di identità – delle donne gli uomini esibiscono il fallo?
Quale privilegio avete timore di perdere, per usare argomenti così poveri?
Alla vagina confesso di aver pensato qualche volta, a leggerne invece non ancora. Non vorrei che la sua rivolta tuttavia arrivasse a interdire a noi maschi primordiali ogni sua frequentazione.
Magari se ti dedicherai alla lettura potrai tranquillizzarti, o forse no.